La sostenibilità sta assumendo sempre più importanza anche nell'ambito della moda.
In assoluto, per valutare il reale grado di sostenibilità di un prodotto, si dovrebbe considerare il suo intero ciclo di vita.
Nel caso dei capi di abbigliamento, oltre al consumo del terreno coltivo, di acqua, di energia dovremmo tener conto anche dell'impatto ambientale degli animali da tosa e dei bachi da seta (per non parlare degli allevamenti, intensivi e non, nel caso della pelle).
Non vanno quindi sottovalutate le condizioni di produzione delle materie prime che, di fatto, influenzano moltissimo il grado di sostenibilità del prodotto finale e alle quali dovremmo pensare ogni volta che stiamo per acquistare un vestito o un accessorio.
Ad esempio pensiamo al cotone, la più diffusa tra le fibre naturali. La sua coltivazione richiede l'utilizzo di vastissime aree di terreno oltre che un elevatissimo impiego d'acqua.
Secondo recenti stime, la produzione di 1 kg di abbigliamento di cotone richiede l'utilizzo di 9,4 metri cubi di acqua con punte intorno ai 20 metri cubi se la coltivazione avviene in paesi come l'India. Inoltre, per coltivarlo, viene fatto largo uso di pesticidi e fertilizzanti con gravi conseguenze sia sull'ambiente sia sulla salute delle persone che lavorano nei campi.
Se decidiamo di vestirci in cotone, dovremmo almeno fare lo sforzo di scegliere capi certificati bio: ad esempio la certificazione internazionale GOTS (Global Organic Textile Standard) definisce uno standard per la lavorazione delle fibre biologiche, includendo criteri ambientali e sociali lungo tutta la filiera produttiva.
Nel caso di produzione della lana, i principali fattori di impatto ambientale sono le conseguenze degli allevamenti sui terreni e gli scarti generati dalle prime fasi di lavorazione. Ad esempio, i reflui delle operazioni di lavaggio della lana contengono sostanze inquinanti, a cui si vanno ad aggiungere le sostanze chimiche utilizzate nelle varie fasi di lavorazione che vanno dai lavaggi (detergenti, tensioattivi, ammorbidenti, candeggianti etc) alla filatura, dalla tessitura ai trattamenti tintoriali e di fissaggio. Inoltre i mercati di produzione della lana sono sostanzialmente tre (Australia, Nuova Zelanda e Cina): pensate a quante CO2 vengono emesse per farla arrivare ai mercati di impiego!
Interessanti, invece, fibre di origine vegetale quali la canapa, l'ortica, il bambù che sono di facile coltivazione e adatte a qualificare terreni non sfruttabili per altre coltivazioni e che stanno iniziando ad essere utilizzate con successo nell'ambito dell'abbigliamento. La coltivazione di queste piante necessita di un uso minimo di diserbanti e fitofarmaci e la possibilità di produrle a livello locale riduce l’impatto ambientale derivante dal trasporto.
Alla luce di questi dati e considerazioni, di che fibra sarà il tuo prossimo vestito?
Fonte: Il Bello e il Buono. Le ragioni della moda sostenibile www.ilbelloeilbuono.info
Per approfondimenti:
http://www.global-standard.org/
http://www.hemp.com/
Visualizzazione post con etichetta GOTS. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta GOTS. Mostra tutti i post
martedì 12 giugno 2012
mercoledì 29 giugno 2011
La seta? Biologica e cruelty-free è meglio
Negli ultimi decenni i capi in seta si sono sempre più diffusi perdendo la loro connotazione di prodotto d’elite.
La sua lavorazione era già conosciuta nel 6000 ac e, per millenni, la seta si è imposta come un bene di lusso.
Adesso dalla Cina riparte una produzione di qualità che ha il vantaggio di coniugare la qualità della fibra al rispetto per l’ambiente.
Ci ha pensato SABA, una joint venture svizzero-cinese che, nella provincia di Sichuan ha piantato 600mila gelsi con lo scopo di creare una condizione ideale per il baco da seta che si nutre quasi esclusivamente delle foglie di questi alberi.
Il progetto mira a garantire una maggiore biodiversità in quanto si tratta non di una monocultura ma di una consociazione di tipo biodinamico che implica l’integrazione con altri alberi, tra cui quelli da frutto, e in quanto prevede la rinuncia a concimi di origine sintetica, agli antibiotici e agli ormoni della crescita ampiamente utilizzati nelle colture convenzionali.
Inoltre sembra che, in virtù dell’alimentazione equilibrata, i bachi producano dei filamenti di pregio.
L’ingresso della produzione biodinamica nella provincia di Sichuan afferma anche migliori condizioni di vita per la popolazione locale, garantendo una settimana di 5 giorni lavorativi, l’esclusione assoluta di lavoro minorile e prezzi minimi garantiti per i coltivatori.
Il consumatore avrà la garanzia di un prodotto esente da sostanze nocive, certificato anche per le fasi di lavorazioni secondo il GOTS, Global Organic Textile Standard.
Noi di Equology Ethic Competence vi suggeriamo però, se possibile, di preferire capi realizzati in seta etica, ovvero cruelty-free perchè realizzata senza ricorrere alla tradizionale bollitura dei bachi ma raccogliendo ciò che rimane dei bozzoli dopo che sono nate le farfalle.
Come ad esempio le splendide sciarpe di Campeche che oltre ad essere disponibili in cotone e lino biologici, sono anche prodotte con la seta bourette.
Campeche offre collezioni che comprendono abbigliamento e accessori per donne, uomo e bambino tutti in filati ecologici e tinti solo con colori naturali di origine vegetale certificati GOTS (Global Organic Textile Standard).
Per saperne di più ascolta la video intervista a Marco Clerici, responsabile marketing di Campeche o visita il sito http://www.mycampeche.it/
La sua lavorazione era già conosciuta nel 6000 ac e, per millenni, la seta si è imposta come un bene di lusso.
Adesso dalla Cina riparte una produzione di qualità che ha il vantaggio di coniugare la qualità della fibra al rispetto per l’ambiente.
Ci ha pensato SABA, una joint venture svizzero-cinese che, nella provincia di Sichuan ha piantato 600mila gelsi con lo scopo di creare una condizione ideale per il baco da seta che si nutre quasi esclusivamente delle foglie di questi alberi.
Il progetto mira a garantire una maggiore biodiversità in quanto si tratta non di una monocultura ma di una consociazione di tipo biodinamico che implica l’integrazione con altri alberi, tra cui quelli da frutto, e in quanto prevede la rinuncia a concimi di origine sintetica, agli antibiotici e agli ormoni della crescita ampiamente utilizzati nelle colture convenzionali.
Inoltre sembra che, in virtù dell’alimentazione equilibrata, i bachi producano dei filamenti di pregio.
L’ingresso della produzione biodinamica nella provincia di Sichuan afferma anche migliori condizioni di vita per la popolazione locale, garantendo una settimana di 5 giorni lavorativi, l’esclusione assoluta di lavoro minorile e prezzi minimi garantiti per i coltivatori.
Il consumatore avrà la garanzia di un prodotto esente da sostanze nocive, certificato anche per le fasi di lavorazioni secondo il GOTS, Global Organic Textile Standard.
Noi di Equology Ethic Competence vi suggeriamo però, se possibile, di preferire capi realizzati in seta etica, ovvero cruelty-free perchè realizzata senza ricorrere alla tradizionale bollitura dei bachi ma raccogliendo ciò che rimane dei bozzoli dopo che sono nate le farfalle.
Come ad esempio le splendide sciarpe di Campeche che oltre ad essere disponibili in cotone e lino biologici, sono anche prodotte con la seta bourette.
Campeche offre collezioni che comprendono abbigliamento e accessori per donne, uomo e bambino tutti in filati ecologici e tinti solo con colori naturali di origine vegetale certificati GOTS (Global Organic Textile Standard).
Per saperne di più ascolta la video intervista a Marco Clerici, responsabile marketing di Campeche o visita il sito http://www.mycampeche.it/
Iscriviti a:
Post (Atom)